I sei pittori di Torino
Negli ultimi anni l’Assessorato per la Cultura della Città di Torino ha contribuito al riesame e alla riscoperta di molti momenti ed esperienze della cultura artistica torinese. Il gruppo dei Sei Pittori si è formato nel 1929, in uno dei periodi più vivi e intensi della storia cittadina, che ha avuto per protagonisti uomini dall’impegno morale e intellettuale come Piero Gobetti, Felice Casorati, Lionello Venturi, Riccardo Gualino, Giacomo Debenedetti, Mario Soldati. Mentre la città funzionava da laboratorio in Italia della nuova architettura razionalista e nel Teatro di Gualino venivano presentati i più raffinati spettacoli d’avanguardia europea, i sei giovani pittori perseguivano la ricerca di una “libertà come una realtà da creare e conquistare in tutti i suoi momenti e i suoi modi” (Carlo Levi), mantenendo agganciata l’arte italiana alle correnti più avanzate di chiudersi nell’ isolamento nazionalistico.
Nel panorama artistico italiano della fine anni Venti, la formazione del Gruppo dei Sei Pittori nel 1929 a Torino, generalmente definito come una punta assai avanzata nell’emergere delle nuove tendenze nella crisi del novecentismo, ha ragioni complesse e diramate; che come scrive ancora acutamente Carlo Levi nella citata introduzione, derivano da “motivi comuni e assai profondi che stanno in parte nella pittura e in parte al di là della pittura e giustificavano pienamente l’esistenza organica del gruppo, che aveva dunque una sua necessità anche prima di essere palesemente costruito”. Il Gruppo, formatosi alla fine del 1928, in quanto la loro prima mostra alla Sala d’arte Guglielmini di Torino è del 12 gennaio 1929, era composto da giovani pittori per lo più torinesi, alcuni già nella maturità, anche diversi per origine culturale. Nel 1929 la pittrice inglese Jessie Boswell aveva 48 anni: è l’unica artista donna del Gruppo, giunta venticinquenne in Italia nel 1906. Con un’ottima esperienza musicale nel campo pianistico, era entrata nel 1913 in casa di Riccardo Gualino come insegnate d’inglese e dama di compagnia. A lei vicino d’età era Nicola Galante, che nel 1929 aveva 46 anni, con un iter già ricco di riconoscimenti, specialmente nel campo dell’incisione. Degli altri quattro pittori il più giovane era Carlo Levi (27 anni) e Enrico Paulucci (28 anni), con Francesco Menzio (31 anni). Tra questi quattro ultimi, probabilmente per affinità generazionale, vi fu il sodalizio più forte, che durò fino al 1931, spesso interrotto dalle assenze di Gigi Chessa, che malato di tubercolosi, fu spesso costretto a lunghe interruzioni dell’attività, e morì trentasettenne nel 1935.
La formazione del Gruppo dei Sei avviene dopo la pubblicazione del famoso testo di Venturi “Il guasto dei primitivi” nel 1926 ( dove l’ex libris del frontespizio è disegnato da Galante ) ed è contemporanea all’importante saggio su Manet pubblicato nel luglio-agosto 1929 sulla rivista “L’Arte”. Nell’ingresso della Sala Guglielmini, dove si tenne la prima mostra dei Sei nel gennaio 1929, uno schizzo di Menzio riproduceva l’Olympia di Manet.
Nudo Femminile Sdraiato (1929 – 1930) – Gigi Chessa
Tecnica: Olio su Tela – Dimensioni: cm. 60×70.
Le mostre dei Sei di Torino – che propriamente tutti torinesi non erano, in quanto la Boswell, naturalizzata italiana dal 1936, era inglese; Galante abruzzese, a Torino dal 1907; Menzio, nato in Sardegna da genitori piemontesi, e Paulucci genovese di nascita – tra presenze di gruppo, e partecipazioni a rassegne nazionali e straniere, ammontano a ben tredici, nel periodo generalmente compreso tra il gennaio 1929 e il dicembre 1931. In questo arco temporale, si distinguono a sua volta due diversi periodi: il primo copre poco più di un anno di serrata attività comune, dalla I Mostra alla Sala d’arte Guglielmi di Torino nel gennaio del 1929 alla partecipazione alla II Esposizione Regionale Sindacale alla Promotrice Belle Arti di Torino nel maggio del 1930, con sette esposizioni di Gruppo, scandite a distanza di due o tre mesi l’una dall’altra, in modo da suscitare ad ogni uscita una ben controllata serie di recensioni sulla stampa nazionale. A latere , la partecipazione, ridotta di Chessa, Galante, Menzio, alla Seconda Mostra del Novecento Italiano a Milano nel marzo 1929; e la personale di Menzio alla Sala Guglielmi nello stesso mese a Torino. A questo primo periodo compatto, da “giovane pattuglia” d’avanguardia come spesso ci è dato leggere nelle numerose recensioni di quegli anni, ne succede un secondo, della durata di un altro anno, che vede la partecipazione ridotta dei componenti: dal novembre 1930, data della mostra alla Bloomsburry Gallery di Londra, al dicembre 1931, data della mostra alla Librairie Jeune Europe di Parigi; periodo in cui la Boswell e Galante (che partecipa ancora alla I Quadriennale di Roma nel 1931) abbandonarono il gruppo. I “Sei Pittori di Torino” divengono quattro: Chessa, Levi, Menzio, Paulucci e poi tre: Levi, Menzio, Paulucci, che erano il nucleo “forte” del Gruppo. All’interno di questo ultimo anno 1930-1931, vi è ancora a latere la partecipazione di Chessa, Levi, Menzio, Paulucci alla Mostra del Novecento Italiano a Buenos Aires nel 1930, e le personali della Boswell e di Gigi Chessa alla Sala d’arte Guglielmi di Torino, rispettivamente nel marzo e nel dicembre del 1931. Un variegato panorama di mostre, che nel primo anno di sodalizio, il 1929, oltre Torino tocca le città di Genova e Milano; nel 1930, nuovamente Torino, quindi la XVII Biennale di Venezia, Londra e Buenos Aires, per terminare nel 1931 con Roma e Parigi. Un iter che definisce il carattere europeista del Gruppo, ripetutamente sottolineato da Venturi e da Persico; e la loro collocazione storica negli anni Venti, anche per la notorietà dei principali protagonisti, già presenti nelle più importanti manifestazioni italiane che ne precedettero la formazione; e la loro versatilità in altri settori, come la scenografia per Chessa, Menzio, Paulucci, la xilografia per Galante, e l’impegno intellettuale, e politico che lo condusse al confino nel 1935 di Levi. La I Mostra dei Sei nel gennaio 1929 fu segnatamente un esordio d’avanguardia: dalla sede, inconsueta, in quanto i locali, pur nella centralissima Piazza Castello a Torino e a loro destinati dalla cortesia del proprietario Lombardi, facevano parte di una case d’aste di tappeti; alla locandina disposta all’ingresso e disegnata da Menzio, e che riproduceva l’Olympia di Manet ( che tanto clamore suscitò a Parigi alla sua prima apparizione).